domenica 25 gennaio 2009

difesa psichica.

Tutto procede con calma (ergh..) e senza particolari intoppi.
Non riesco a distinguere il 20o9 dal 2008, per il semplice motivo che la mia vita ha preso una linea di continuità tale che da quasi un anno mi sembra di vivere a qualche centimetro da terra, avvolta in un lucido guscio di porcellana, e il tempo mi fruscia nelle orecchie come brezza.
La voglia mentale di studiare è tanta, l'apprensione per l'esito è ancor maggiore, sicchè mi crogiolo in un'atmosfera di attesa che sfocierà nell'esame vero e proprio.
Sono sempre innamorata, più che mai. Si è liberata in me una premura che vince l'egoismo.
Io che sono sempre stata egoista coi gesti, altruista nei sentimenti.
Vige ora una selezione naturale nei confronti delle persone a me conosciute. Una volta facevo passare tutto, la gente mi piaceva, trovavo sempre il lato buono che mi ispirava fiducia e davo tutta me stessa per impegnarmi ad essere una buona amica, compagna, confidente.
Ora no. Il cerchio si è ristretto.
Quell'enorme ostacolo chiamato FIDUCIA, è diventato un nemico insormontabile. Un essere non identificato mi martella i timpani, inducendomi a non dare mai più a nessuna persona che non abbia un posto speciale nel mio cuore. E agisco di conseguenza, perchè il passato mi torna alla mente in continuazione, e brucia.
Non ho più la forza di perdonare. Lasci passare il 'non parliamone più', ma il rancore che serbo per determinate situazioni è terribilmente corrosivo.
Non sono una persona cattiva, ma il tempo mi ha reso dura come marmo.

lunedì 12 gennaio 2009

Il pianto della scavatrice.


Solo l'amare, solo il conoscere
conta, non l'aver amato,
non l'aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L'anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato
della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,
scheggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche
le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d'esistere.
Annoiato, stanco, rincaso, per neri
piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti
agli ultimi prati. Lì mortale
è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
alla stazione di Trastevere, appare
ancora dolce la sera. Ai loro rioni,
alle loro borgate, tornano su motori
leggeri - in tuta o coi calzoni
di lavoro, ma spinti da un festivo ardore
i giovani, coi compagni sui sellini,
ridenti, sporchi. Gli ultimi avventori
chiacchierano in piedi con voci
alte nella notte, qua e là, ai tavolini
dei locali ancora lucenti e semivuoti.
Stupenda e misera città,
che m'hai insegnato ciò che allegri e
feroci
gli uomini imparano bambini,
le piccole cose in cui la grandezza
della vita in pace si scopre, come
andare duri e pronti nella ressa
delle strade, rivolgersi a un altro uomo
senza tremare, non vergognarsi
di guardare il denaro contato
con pigre dita dal fattorino
che suda contro le facciate in corsa
in un colore eterno d'estate;
a difendermi, a offendere, ad avere
il mondo davanti agli occhi e non
soltanto in cuore, a capire
che pochi conoscono le passioni
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni, eppure sono
fratelli proprio nell'avere
passioni di uomini
che allegri, inconsci, interi
vivono di esperienze
ignote a me. Stupenda e misera
città che mi hai fatto fare
esperienza di quella vita
ignota: fino a farmi scoprire
ciò che, in ognun, era il mondo.
Una luna morente nel silenzio,
che di lei vive, sbianca tra violenti
ardori, che miseramente sulla terra
muta di vita, coi bei viali, le vecchie
viuzze, senza dar luce abbagliano
e, in tutto il mondo, le riflette
lassù, un po' di calda nuvolaglia.
È la notte più bella dell'estate.
Trastevere, in un odore di paglia
di vecchie stalle, di svuotate
osterie, non dorme ancora.
Gli angoli bui, le pareti placide
risuonano d'incantati rumori.
Uomini e ragazzi se ne tornano a casa
- sotto festoni di luci ormai sole -
verso i loro vicoli, che intasano
buio e immondizia, con quel passo blando
da cui più l'anima era invasa
quando veramente amavo, quando
veramente volevo capire.
E, come allora, scompaiono cantando.

sabato 10 gennaio 2009

Protected From Reality

Schiaccio questi sentimenti, mi ci siedo sopra come fossero una valigia traboccante, e aspetto. Non so cosa aspetto. Forse la manna dal cielo. Aspetto che questo turbinio opprimente di materiale non identificato si plachi e si appoggi sul fondo del diaframma, per sempre. Ma prima o poi si risveglierà, ne sono certa.

Amare non è facile. Ci sono persone che impiegano una vita ad aprire il proprio cuore, a farsi volere bene, forse nemmeno per colpa loro, ma a causa di un deficit del carattere.
Mi affligge il problema opposto. Esplodo di emotività. La faccio entrare a forza in qualsiasi momento, intervenire in qualsiasi discussione,e accrescere durante la disperazione.
Dante sosteneva che le lacrime erano il modo per comunicare i propri sentimenti alla donna. Io con le lacrime comunico un'intera vita. Esse sono sempre sull'orlo della palpebra inferiore, bagnano leggermente le ciglia, e basta un nulla perchè saltino nel vuoto, come quelle persone che vincono la paura buttandosi nell'acqua da scogli altissimi.

L'emotività è considerata un pregio, probabili parole di qualcuno che emotivo non è. Dal di fuori viene scambiata con debolezza, che non è esattamente la stessa cosa.
La debolezza è una caratteristica della personalità, è non portare a compimento determinate cose per mancanza di forza. L'emotività è sostanzialmente paura, in tutte le sue sfumature.
Ho paura di un sacco di cose, del futuro in primis. Ho paura di dovermi arrangiare, di lasciarmi dietro qualche persona realmente importante, ho paura della paura. Non so dove mi porterà, e soprattutto a cosa.
Perchè tutto questo? Per il semplice fatto che non mi sono costruita un futuro. A 19 anni, quello che mi importa è passare bene gli esami di febbraio, godermi i concerti e magari riuscire a laurearmi col massimo dei voti.
Non sono particolarmente ambiziosa, e il doverlo essere (per farmi una vita) mi costringe a vivere tutto con più trasporto emotivo.

Col tempo si può imparare tutto. L'importante è volere migliorarsi, perchè non si finisce mai di imparare. E quando credi di avere finito e ti senti la persona più completa di tutte, significa che sei solo all'inizio.

giovedì 1 gennaio 2009

Vaneggiamenti. 1/365

Cambiamento.



Il futuro, c'è?
Mi aspetta?
12 mesi scivolati via tra le dita come sabbia. Radicali cambiamenti dei quali non sento il peso, di alcuni nemmeno il ricordo.
Di uno sì, mi martella la mente prima di addormentarmi e un secondo dopo il risveglio. Un ricordo che si annida tra le mie coperte, davanti ai miei occhi. Un ricordo che è carne, cervello, ma soprattutto cuore, un grandissimo e palpitante cuore. Davanti ai miei occhi si personifica e diventa l'estratto di tutto quell'affetto che ho serbato sotto al seno, in trepidazione, voglioso di esplodere.

Mi basterebbe questo per sentirmi al sicuro, per sempre. L'amore che mi protegge, che mi rende libera, che mi stringe il petto fino a farlo scoppiare.

Ho ostacoli a perdita d'occhio di fronte a me, cime tempestose da scalare. Ma la vita, senza tutto questo, non sarebbe nulla.
Vorrei crescere ancora, acquisire quella sicurezza che non ti impedisce di tentare, fino a sentire la vita che ti scorre nelle vene e non voler morire mai, non abbandonare nessuno, rimanere coi piedi sulla terra per l'eternità.
Come dice qualcuno, essere sognatori significa non voler rinunciare a sognare, e così sono io. Forse troppo persa nei meandri della mia mente, che ai miei occhi fa apparire la realtà intrinseca di sentimenti, di cose non dette, di speranze e di sogni che solo con la mia volontà possono avverarsi.

Auguro a me stessa di trovare la forza. Per tutto.